
Il marketing culturale nei Centri Commerciali: “lo stato dell’arte”
Dalla cultura dello shopping, allo shopping di cultura.
I Centri Commerciali sono «spazi di vita» in cui prendono forma vari comportamenti, che coniugano bisogni integrati di shopping, condivisi e connessi con entertainment e socialità. Uno degli spazi in cui il visitatore può costruire la propria identità individuale, sociale e culturale.
Alcuni operatori hanno sottovalutato la portata strategica del “marketing culturale”, proponendo di volta in volta un “frullatore” di iniziative senza un reale contenuto intellettuale e formativo preferendo concentrare le risorse nella pianificazione di eventi di natura promozionale dei prodotti e di mero intrattenimento.
Le strategie di marketing più avvedute hanno posto particolare attenzione allo sviluppo di rapporti solidi tra Centro Commerciale e territorio inserendo nel programma complessivo di intrattenimento eventi culturali di un certo rilevo.
Negli ultimi anni ho registrato sforzi pregevoli in tal senso: allestimenti di mostre a carattere scientifico, esposizioni di opere d’arte, sculture, fotografie d’autore, realizzazione di spettacoli di musica classica, lirica, incontri con scrittori, sponsorizzazioni di eventi culturali di ampia risonanza, rassegne enogastronomiche, eventi sociali. Il tutto con l’obiettivo di favorire la conoscenza, ampliare gli orizzonti culturali, la socializzazione, la voglia di partecipare, mettendo a disposizione degli avventori, non solo i consumatori, eventi di arricchimento personale.
Ormai è un fatto assodato: le nuove “piazze moderne”, in esse rientrano di diritto i Centri Commerciali sono luoghi di diffusione della cultura.
Negli ultimi decenni la società italiana è cambiata radicalmente, e i Centri , che a loro modo ne rappresentano uno specchio, hanno assunto un ruolo diverso, meno smaccatamente commerciale, diventando luogo d’incontro e di svago surrogando, in una chiave contemporanea e funzionale, le piazze dei vecchi centri urbani. Lo Shopping Center si appropria della funzione d’aggregazione sociale aggiungendo alla componente commercio la cultura e la ricreazione. Tutto ciò è possibile solo in presenza di un management preparato e avveduto, in grado captare i fenomeni, di recepire e proporre nuovi programmi all’interno delle gallerie commerciali.
Prima della pandemia le attività organizzate sono state di ottimo rilievo: fiere del libro, mostre di arte fisiche e digitali, biblioteche, bookcrossing, street art, edutainment,sostenibilità,spesso ben calati su programmi didattici per i più piccoli.
Tali operazioni vanno nella direzione di consolidare un rapporto positivo, trasparente e corretto con le istituzioni culturali del territorio.
Penso che un Centro Commerciale debba sempre più orientare l’offerta culturale verso il territorio di riferimento in quanto “il futuro dei Centri poggia nelle scelte d’identità locale”. Servono investimenti per manifestazioni che siano capaci di produrre valore aggiunto per il territorio. Migliore programmazione dunque, e un’attenta selezione degli eventi.
Purtroppo il presente periodo è caratterizzato dalla riduzione delle attività culturali. Le ripercussioni politiche e sociali sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti. La parola d’ordine (che spesso resta solo parola) è il taglio agli investimenti ed agli “sprechi”, e il misfatto più grave e intollerabile e che tra ciò che è inteso come spreco, i nostri traballanti timonieri, sono soliti inserire ciò che attiene alla cultura. Sottrarre risorse alla cultura è una politica di per sé dirompente, che indebolisce il legame tra cultura e innovazione, la sola combinazione in grado di produrre l’auspicato cambiamento.
Senza il pieno apporto della cultura che sa produrre benefici certi anche se nell’immediato poco tangibili, l’uomo non sarà in grado di acquisire il senso della nuova realtà.
La natura dell’attuale crisi mette in discussione il senso di appartenenza dell’uomo alla comunità, il grado di socializzazione, la tolleranza, l’indispensabile spirito di collaborazione, la visione stessa dell’uomo nel contesto della civiltà occidentale. Per quanto attiene all’industria dei Centri Commerciali dovremmo passare dalla cultura dello shopping allo shopping di cultura.
Se il Centro C. vuole conformare il suo ruolo in spazio relazionale su misura del cliente, prodotti e negozi debbono caricarsi di valenze a matrice ideale che vanno al di là delle componenti materiali e di servizio del bene stesso. Concludo, infine, con il riportare un idea che va oltre, come quella dei grandi magazzini americani Costco, che misero in vendita disegni d’autore, inserendo nel proprio catalogo Atelier de Cannes, addirittura un Picasso su carta, datato 1958 e autenticato, al prezzo di 129.999.999 dollari! Certo questo rappresenta un escamotage per incuriosire e attirare i clienti, grazie ad un capolavoro…più che altro di Marketing!
Stefano De Robertis
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