
E se il centro commerciale diventasse seggio elettorale?
Nel nuovo ruolo del centro commerciale quale punto di riferimento del territorio e delle locali comunità, in grado di fungere da catalizzatore di servizi innovativi di forte utilità al cittadino, si inserisce questa suggestione, legata non solo alla ormai notoria scarsa affluenza alle urne dei nostri connazionali, ma anche alla concreta e fattiva contribuzione ed aiuto al servizio pubblico circa l’organizzazione e l’allestimento di seggi elettorali, all’interno delle gallerie commerciali.
In Nuova Zelanda ad esempio, i cittadini possono votare nei negozi e nei centri commerciali da circa tre anni. Fare shopping e scegliere il primo ministro, tutto nella stessa struttura, compresa la possibilità di iscriversi alle liste elettorali! La decisione del governo neozelandese ha avuto come obiettivo quello di consentire la più ampia partecipazione possibile alle consultazioni, aumentando l’affluenza degli elettori, nonostante una media dei votanti già molto elevata rispetto ai benchmark europei.
Un’idea brillante quella di mettere le urne, laddove i cittadini svolgono le loro normali attività quotidiane e del tempo libero, ovvero nei supermercati nei centri commerciali, facilitandoli nelle loro vite indaffarate, avendo ampi parcheggi a disposizione, zero barriere per i diversamente abili e soprattutto sollevando gli istituti scolastici, spesso deputati ad ospitare i seggi da oneri organizzativi e di allestimento.
Immaginatevi le critiche, i giudizi e pregiudizi dei soliti benpensanti, e le polemiche politiche se una proposta del genere fosse seriamente avanzata. Le grida allo scandalo, invocando la crisi della democrazia, le minacce all’integrità del procedimento elettorale, il privato che sostituisce il pubblico, la mercificazione del voto,ecc. ecc.
Siamo in Italia del resto, la nazione indietro, mentre i paesi più avanzati sono già avanti.
In realtà l’iniziativa neozelandese non è l’unica nel panorama mondiale. Negli Stati Uniti, già da anni si vota già in spazi pubblici o privati, nei negozi, purché rispondano a una serie di criteri predefiniti. In Giappone, invece, votare nei centri commerciali è prassi già da diversi anni. Nello specifico, però, gli store nipponici vengono utilizzati durante la giornata antecedente le elezioni, quando votano i cittadini che dichiarano di non potersi recare alle urne l’indomani.
La nostra cara Italia magari potrebbe trovare per una volta tanto spunti interessanti su un tema ancora irrisolto, dal calo drastico dei non votanti (oltre il 50%) ai fuorisede, ai costi della macchina elettorale. Chi abita in un comune diverso da quello di residenza è obbligato a tornare a casa per votare. Le persone sono così costrette a viaggi interminabili dai costi molto elevati. A parte Italia, Malta e Cipro, altri paesi europei hanno istituito strumenti alternativi per agevolare la partecipazione elettorale a studenti e lavoratori fuorisede, oltre che ad anziani e disabili.
In Austria, Germania, Irlanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera si può votare per corrispondenza. In Belgio, Francia e Paesi Bassi è possibile delegare il proprio voto a un’altra persona. In Danimarca, Norvegia, Portogallo e Svezia c’è il voto anticipato, mentre in Estonia c’è quello elettronico.
Nell’era dell’ internet delle cose e del digital qualcosa di meglio si potrebbe fare, magari votare nel centro commerciale non è la soluzione giusta, ma la lista dei Pro è decisamente più nutrita di quella dei Contro.
#ri-innovamoci
Stefano De Robertis
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